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TELAIO
L’ arte del tessere era tenuta in altissima
considerazione presso gli antichi che onoravano Atena Minerva quale
protettrice delle opere femminili ed in particolare della tessitura. Ogni
famiglia provvedeva autonomamente alla maggior parte delle stoffe
necessarie per la confezione delle vesti. Era indispensabile quindi sia
filare che possedere un telaio. Quello in uso nel mondo antico era del
tipo verticale, al quale le donne potevano tessere stando sia in piedi che
sedute. La tessitura procedeva dall’ alto verso il basso, come attesta
il vangelo di Giovanni (19, 23). Gli Egiziani invece tessevano dal basso
verso l’ alto. |
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GIOIELLI
Nell’
antica Roma le donne amavano indossare gioielli in grande quantità:
anelli, fibbie, diademi e pietre preziose per i capelli, bracciali,
collane, cavigliere. Ma erano gli orecchini ad entusiasmare maggiormente
le signore romane; ne portavano anche più di uno per orecchio, perché
adoravano farli tintinnare. La domina si ingioiellava grazie al
valido aiuto delle ornatrices, che sapientemente studiavano l’
effetto dell’ insieme e dove meglio collocare i gioielli per farli
risaltare ed per abbellire di più la loro padrona.
Plinio
il Vecchio scrisse che Lollia Paulina, moglie di Caligola, portava addosso
gioielli per un valore di 40 milioni di sesterzi (circa 42 milioni di euro
odierni). Risulta che una perla particolare costò a Cesare 6 milioni di
sesterzi.
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TRUCCHI
La domina si dedicava alla propria toilette
quotidiana seduta su uno sgabello circondata dalle schiave addette alla
cura della sua persona, le ornatrices.
Come fondo tinta o cerone usavano la biacca
o cerussa (carbonato basico di
piombo fortemente tossico), opportunamente mescolata con miele e sostanze
grasse, per conferire al volto un candore giovanile. Per ottenere un
colorito roseo aggiungevano dei coloranti come la terra
rossa di Selina, proveniente da Selinunte (Sicilia), la feccia
del vino, il fucus
(estratto di alga) oppure l’ ocra
rossa. Con stibium (antimonio polverizzato) o fumidus (nero fumo)
venivano marcati i sopraccigli e si sottolineava il contorno delle ciglia.
Le palpebre venivano invece colorate con l’ ombretto, preferibilmente
verde o azzurro, derivato dalla triturazione di minerali come la malachite e l’ azzurrite. Il
trucco era completato da un neo sulla guancia e dal fard, uno strato di
polvere rossa: terra di Selina o altri coloranti.
L’ azzurrite è un minerale raro e famoso (carbonato basico di rame)
per la particolare colorazione blu o azzurra. Era tra i pigmenti azzurri
più usati come ombretto dalle donne dell’ antica Roma, noto anche come malachite
blu o chessylite.
La malachite è un minerale di carbonato basico di rame di colore verde
smeraldo. Era usato dalle donne romane come pietra dura ornamentale e
amuleto (si diceva che proteggesse dagli infortuni). Triturato e ridotto
in polvere era, insieme all’ azzurrite, uno degli ombretti più in voga.
OVIDIO – Ars Amatoria: “Dono
dei Numi è la bellezza;/quante possono vantarsene?/ Gran parte di voi
tale dono non ha./ Le cure un volto vi faranno;/ un volto non ben curato
sfiorirà,/ quand’ anche pari sia a quello della dea Venere.”
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PROFUMI
Tra i prodotti di bellezza
delle matrone vi era il profumo, tanto deprecato da storici e scrittori
dell’ epoca tra i quali Plinio. Non essendo ancora conosciuto il
processo di distillazione, introdotto dagli Arabi solo nel XII sec. d.C.,
le essenze erano ottenute per spremitura e macerazione.
Le sostanze aromatiche
venivano spremute con il tornio e gli oli essenziali così ottenuti
venivano fatti macerare nell’ onfacio
(una base oleosa costituita dalla spremitura di olive verdi) o nell’
agresto (ottenuto dalla spremitura di uva acerba) e poi filtrati.
RHODINUM – Profumo alle rose originario dell’ isola di Rodi. I
suoi componenti erano: fiore di rosa, onfacio, zafferano, cinabro, calamo,
miele, giunco, fior di sale o ancusa, vino e cinnabari, una specie di
minio che si trovava in natura.
VIOLA – Viole e acque profumate (per lo più con petali di rosa)
erano spesso utilizzate per profumare le sale dei banchetti e i
commensali. Si dice che nella Domus
Aurea il soffitto dei saloni fosse composto da tasselli di avorio
mobili e perforati, in modo da poter spargere fiori e profumi sui
convitati (SVETONIO: Neronis Vita).
IASMINUM – Il suo componente principale era il gelsomino,
importato dall’ Oriente.
MELINUM
– Era ottenuto dalle mele cotogne (PLINIO) |
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INCENSIERE
L’ incensiere, simbolo
di purificazione, veniva utilizzato per bruciare incenso o altri aromi
durante i rituali.
Era costituito da un vaso
appeso a tre catenelle, mediante le quali veniva tenuto in movimento per
attivare la combustione.
Le fumigazioni, secondo le credenze dei Romani, venivano portate dal
vento al cospetto degli Dei e delle potenze superiori. |
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ANFORA
Anfora utilizzata dalle
Vestali per riporre la mola salsa (impasto
ottenuto dall’ unione di farro, sale e acqua sorgiva), con la quale si
cospargevano le vittime prima di sacrificarle.
L’ anfora, posta su un
supporto metallico, non doveva toccare terra, per conservare la purezza
del contenuto.
D’ ANNUNZIO: “Si
tace il Fonte ne’ suoi marmi lisci come quando Tarpeia la Vestale vi
discendea con l’ anfora d’ argilla.” |
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AGO
CRINALE
Spillone per capelli,
composto da un acus sormontato
da una semplice pallina o da decorazioni complesse e figurative. Poteva
essere in osso, avorio o anche d’ oro.
Nella pallina o
decorazione, se cava, potevano essere conservati anche veleni.
D’ ANNUNZIO: “Fulminea
si toglie dalle trecce l’ ago crinale e trafigge la vittima”. |
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BASTONE DELLA VESTALE
Era il bastone portato dalla Vestale Massima (Virgo
Vestalis Maxima), come segno di riconoscimento e di autorità. Era
sormontato da un fiore di loto. Il titolo di Vestale Massima spettava alla
più anziana. |
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LOTO
CRINITO
Così era chiamato l’
albero al quale veniva appesa la capigliatura della vestale al momento
della sua entrata nell’ ordine con il rito della captio
virginis (presa della vergine).
Parlando della cerimonia
Plinio dice: “Antiquior est lotos,
quae capillata dicitur, quoniam virginum vestalium ad eam crinis defertur (Più
antico è il loto, detto crinito, poiché ad esso veniva portata la
capigliatura delle vergini vestali).
A. G. FRIGERIO: “Celebrato
da Omero e chiamato sia da’ Greci e da’ Latini Lotos, nasce, particolarmente in Africa, di un legno nero e produce,
come il mirto, frutti dolcissimi”. |
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DEA ROMA
La Dea Roma era la
personificazione della città di Roma, che gli antichi Romani tanto
amavano e ammiravano da adorarla come divinità. Era rappresentata armata
con lancia, elmo e reggeva in mano una sfera (la perfezione della forma).
CARDUCCI: “…..la dea Roma qui dorme. Poggiata il
capo al Palatino augusto, tra ‘l Celio aperte e l’ Aventin le braccia,
per la Capena i forti omeri stende a l’ Appia via.” |
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BULLA
La bulla era il pendaglio, che veniva appeso al collo del bambino l’
ottavo o nono giorno (dies lustricus)
dopo la nascita, giorno nel quale il neonato, similmente al battesimo
cristiano, veniva purificato con il sacrificio lustrale (lustratio) e riceveva il nome. I maschi la portavano fino alla
pubertà (17 anni) e le femmine sino alle nozze. Nelle famiglie benestanti
la bulla era in lamina d’ oro,
rotonda o a forma di cuore; in quelle meno abbienti ci si accontentava di
una riproduzione in cuoio.
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CUNA
Era il giaciglio, la culla
per neonati. Poteva essere in legno (come questo esemplare), in vimini o
in metallo. Spesso era costruita in modo da poter essere fatta oscillare
lateralmente.
Le alte sponde
consentivano di porre veli per riparare il bambino dalla luce troppo
intensa o per difenderlo dagli insetti molesti.
La cuna spesso era anche trasportabile, mediante piccole ruote. |
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BAMBOLA
Anche
nell’ antica Roma la bambola era uno dei balocchi preferito dalle
fanciulle. Le bambole in genere erano costruite articolate, con visi ben
curati, gli occhi truccati, le labbra dipinte di rosso. Per il concetto
educativo che avevano i balocchi di offrire insegnamento, alcune bambole
riproduce-vano fattezze di divinità femminili. I giocattoli dell’
infanzia erano donati dalle fanciulle ai Lari o a Venere, dopo la
cerimonia nuziale. La più famosa bambola pervenutaci è quella ritrovata
nel 1889 a Roma nella tomba, del II sec., di Creperia Tryphaena, una
fanciulla morta prima di sposarsi, che ispirò a G. Pascoli un poemetto in
latino.
PASCOLI: “…Venerique pupa nota negata est.”(…e
riconosciuta la bambola promessa invano a Venere) |
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ABITO NUZIALE
L’ abito
da sposa era costituito da una tunica bianca (tunica
recta o regilla) lunga fino ai piedi e stretta in vita da una cintura di
lana detta cingulum herculeum, i
cui capi erano fermati con un nodo speciale contro il malocchio (nodus
herculeus), che il marito scioglieva la notte delle nozze. Sopra la
tunica la sposa portava una sopravveste (palla)
di color zafferano e ai piedi calzava dei sandali dello stesso colore (lutei
socci). Come ornamento portava una collana di metallo.
I
capelli venivano divisi in sei trecce (sex
crines) con uno spillone o con una punta di lancia, detta hasta
caelibaris, e raccolti, sin dalla sera precedente, in una reticella
rossa. Il capo era coperto dal flammeum,
un velo rosso fiammante, oppure arancione o giallo, che nascondeva la
parte alta del viso. Questo velo, al tempo di Cesare e di Augusto era
fermato da una coroncina di maggiorana e verbena; in tempi successivi di
mirto e fiori d’ arancio. Il termine latino nubere
(contrarre nozze), riferito alla donna, aveva anche il significato di
celare, come celato appunto era il volto della sposa. |
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MIRRA
Resina aromatica che si estrae da numerose specie
arboree diffuse in Africa e in Arabia. E’ costituita da una miscela di
resina, gomma e di oli essenziali dall’ odore caratteristico. Ha profumo
amaro e pungente e colore dal bruno-giallognolo al bruno-rossastro. Era
molto apprezzata nell’ antichità come ingrediente per profumi e incensi
ed era, inoltre, utilizzata come unguento e tonico stimolante. Oggi la
mirra viene usata per produrre antisettici utilizzati come ingredienti di
colluttori e dentifrici, mentre in soluzione alcolica è impiegata per la
cura di gengive e denti infiammati. |
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ATTREZZI
PULIZIA
Il dentiscalpium era una sorta di stuzzicadenti utilizzato per
eliminare i residui di cibo. Poteva essere realizzato in osso,
legno (preferibilmente lentisco), piuma o metallo.
Si dice che Trimalcione ne
possedesse uno in argento (spina
argentea), ma ne esistevano anche in oro.
L’ auriscalpium invece era utilizzato per la pulizia delle orecchie. |
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ARNESI
DA TOILETTE
Il set da “toilette”
comprende: lo scalptorium, arnese
per grattarsi la testa,
il culter, coltellino per pulire le unghie,
la volsella, pinzetta per la depilazione.
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VOLSELLA
Le volsellae erano pinzette di metallo, anche oro o argento, di
svariate forme e molto simili alle nostre, con le quali le donne romane si
depilavano. Venivano utilizzate anche cerette e creme depilatorie (psilothrum
e dropax), a base di pece sciolta in olio, cui venivano mescolate
resine, cere e sostanze caustiche. Anche gli uomini usavano depilare sia
il viso che il corpo, nonostante fosse considerata una moda da effeminati.
Presso le terme si trovava un servo appositamente addetto alla
depilazione, detto alipilus.
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