BALISTA | BALISTA MODELLO | ONAGRO | ONAGRO MODELLO | CATAPULTA |
CORVO | CORVO MODELLO | ARIETE | ARIETE INTERNO | ARIETE MODELLO |
TORRE MOBILE | TORRE MODELLO |
Macchina bellica impiegata, soprattutto negli assedi, per lanciare giavellotti, pietre, frecce o dardi infuocati, palle di piombo, mediante lo scatto di un arco di grandi dimensioni. L’ arco della balista romana era costituito da due aste di legno, inperniate in un telaio posto su un cavalletto. Queste due aste erano tenute in pressione da due fasci di fibre intrecciate, che fungevano da mezzo di propulsione, essendo tese al massimo, come molle. Una robusta corda, agganciata alle due aste, veniva tesa e fissata all’ estremità di un carrello mobile, trattenuta da un grilletto o pernio. Il giavellotto, o altro, era collocato in una scanalatura del carrello, cosi che, sganciando di colpo dal pernio la corda tesa dalle due aste dell’ arco, veniva spinto violentemente in avanti e scagliato ad una distanza di qualche centinaio di metri ( un giavellotto o dardo fino a m. 350; una pietra di 800 grammi fino a m. 180). La struttura della balista era mobile, entro certi limiti, sia nel piano orizzontale che in quello verticale, in modo tale che il lancio del proiettile poteva essere orientato secondo le necessità. Posta su un apposito carro, trainato da cavalli, la balista era impiegata anche in battaglie campali e, in tal caso, era denominata CARROBALISTA. Questa macchina non è una invenzione romana, dato che era già conosciuta dagli Assiri, dai Greci e dagli Egiziani. |
|
Macchina bellica da assedio, impiegata per lanciare grossi sassi o proiettili di piombo a distanza. Era simile alla catapulta, ma differiva da questa per avere una traiettoria di lancio molto più curva, tale che l’ oggetto scagliato poteva superare ostacoli alti e colpire i nemici riparati dietro recinti o all’ interno delle mura della città assediata. Era inoltre impiegata per l’ indebolimento delle fortificazioni o contro le truppe d’ attacco e l’ artiglieria nemica. La macchina era così chiamata per la violenta scossa che aveva nello sparo, paragonata al calcio di un onagro, asino selvatico allora presente in Grecia. Nell’ onagro il palo che imprimeva la forza propulsiva al proiettile terminava in un secchiello ap-peso a funi e nel cui cavo veniva collo-cato l’ oggetto da scagliare. Il palo, in posizione orizzon-tale prima del lancio, liberato dal gancio che lo tratteneva e tirato da un fascio di fibre in tensione, scattava in verticale e andava con un colpo secco ad urtare contro una barra. Nel contraccolpo lasciava partire dal suo alloggiamento il proiettile che, salendo ad una altezza di circa 40 metri cadeva a parabola ad una distanza di circa 30 metri. L’ oggetto piombando con tutto il suo peso nel bel mezzo di un gruppo di nemici, provocava conseguenze devastanti, sia in senso fisico, sia come effetto psicologico, poiché nessuno si sentiva più sicuro all’ interno di una cinta muraria. Il peso del proiettile, secondo Vitruvio, poteva arrivare fino a 60-80 Kg. Secondo Vegezio ogni legione recava con sé 10 onagri trainati da cavalli o buoi. Ma le macchine più grandi spesso venivano costruite sul posto oppure portate in pezzi e montate poi sul campo di battaglia |
|
Macchina d’ assedio, usata per scagliare grossi sassi (anche di un quintale), proiettili o sostanze infiammabili, con molta violenza. Era costituita da un braccio di legno che terminava con un secchio contenente il proiettile. L’ altra estremità era inserita in corde torte che fornivano al braccio la forza propulsiva. Le catapulte venivano solitamente assemblate o del tutto costruite sul luogo dell’ assedio, impiegando il legno ivi disponibile. SEGNERI: “Qui, dicea, fu dove appunto si diè più fiero l’ assalto, qui s’ appoggiaron le scale; qui si spinser le catapulte.” |
|
Macchina bellica d’ assedio in uso presso i Greci e presso i Romani. Era costituita da una struttura in legno, spesso sistemata su ruote per poter essere trasportata. Dalla struttura si prolungava una trave, che poteva muoversi in senso verticale o ruotare anche in senso orizzontale. Ad una estremità della trave era collocato un grosso uncino, simile al becco di un corvo (da qui il nome), con il quale si potevano abbattere mura, palizzate oppure si poteva afferrare e tirare a sé carri, macchine e oggetti del nemico. Un tipo particolare di corvo era quello detto falciatore, che agendo con un movimento orizzontale, travolgeva con una specie di movimento a falce i nemici, che si trovavano a difendere una muraglia. |
|
Secondo quanto scritto da Vitruvio, ingegnere militare al tempo di Augusto, l’ ariete d’ assedio fu inventato dai Cartaginesi durante l’ assedio di Cadice. In quella occasione, per demolire un forte, presero una trave a braccia e martellarono le mura fino a demolirle. In seguito presero un tronco e, posizionatolo verticalmente, vi sospesero la trave demolitrice, facendola oscillare avanti e indietro con notevole forza d’ urto. Il cartaginese Ceras fu il primo a costruire una piattaforma in legno, montata su ruote con sopra una struttura di legno ricoperta di pelli per proteggere gli uomini addetti alla manovra. Dato che questa macchina era molto pesante e lenta nei movimenti fu chiamata testuggine arietaria. Tale macchina fu adottata dai Romani quando avviarono la loro espansione e si trovarono a dover conquistare le città nemiche. Difficile resistere ai colpi dell’ ariete. Le mura oscillavano e si sgretolavano sotto i possenti colpi della macchina, che poteva essere dotata anche di un grosso sperone, come un rostro. Le dimensioni dell’ ariete e la sua potenza erano in rapporto con l’ ostacolo da abbattere. E’ scritto che, nel corso della terza guerra punica, i Romani misero in azione due arieti mastodontici, uno dei quali venne addirittura manovrato alle corde da 6000 uomini, che agivano di concerto al comando di un ufficiale, con la precisione ritmica di un solo soldato. Gli arieti venivano costruiti sul posto dai legionari, utilizzando in gran parte materiali che si trovavano nelle vicinanze della città assediata. |
|
Antica macchina da guerra, costituita da un’ alta struttura di legno a più piani, montata su ruote. All’ interno vi erano delle scale che portavano ai diversi livelli. Potevano essere rivestite in ferro o in materiale ignifugo. La torre veniva accostata alle mura della città assediata e serviva a portare i soldati combattenti allo stesso livello dei nemici che si difendevano sulle mura. Inoltre la torre costituiva una valida difesa in copertura per le truppe che la sospingevano e per quelle che la seguivano da retro. Le torri più grandi avevano incorporato, nella parte inferiore un ariete, che serviva per aprire un varco nella parte inferiore delle mura. In tal modo i soldati nemici erano impegnati sia nella parte inferiore sia nella parte superiore delle mura. |
|