
TORNA |
LORICA
SEGMENTATA
Armatura,
costituita da segmenti metallici, in uso presso i soldati romani dall’
inizio del I sec. d.C. fino alla metà del III sec. d.C., per proteggere
il petto e l’ addome. I segmenti agganciati in maniera da sovrapporsi
marginalmente l’ uno con l’ altro, lasciavano un’ ampia libertà di
movimento, consentivano l’ assorbimento dei colpi e la distribuzione di
essi su tutta l’ armatura e non sul corpo del soldato. Precedentemente
si utilizzava la lorica a maglie di ferro più vulnerabile e pesante.
CARO:
“In premio diede per ornamento e per difesa in arme una lorica che …di
lucente e rinterzato acciaro, di massiccio oro avea le fibie e gli
orli”. TASSONI: “…i cimieri, gli scudi e le loriche volan squarciati
e triti in pezzi e ‘n polve”.
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TORNA |
LORICA
MUSCOLARE
Questa
lorica era modellata sul contorno dei muscoli del tronco umano. Era
forgiata in ferro oppure in bronzo e consisteva in due parti, una frontale
ed una posteriore, legate insieme con dei lacci di cuoio all’ altezza
del petto e delle anche. Si ritiene che questo tipo di armatura, molto
utilizzata dai Romani nel IV e V sec. a.C., fosse portata solamente dagli
imperatori o da militari di alto rango, simboli della potenza di Roma e
della sua sovranità.
Nessuna
di queste loriche metalliche è arrivata fino ai giorni nostri, tuttavia
è tra le più conosciute, grazie alle numerose statue giunte sino a noi.
Le statue più antiche sono caratterizzate da un alto livello di dettagli
del torso, mentre quelle più recenti presentano degli ornamenti in
rilievo, spesso anche applicati. Uno degli esempi più famosi è della
statua dell’ imperatore Augusto, datata 29 d.C., ritrovata nella Villa
di Livia a Prima Porta ed ora posta nei Musei Vaticani.
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TORNA |
LORICA
IN CUOIO
La lorica in cuoio
fu usata agli inizi dell’ organizzazione militare, a difesa del petto,
indossata dapprima solo dai capi e successivamente anche dai soldati delle
classi inferiori.
L’ uso di questa
lorica, spesso rafforzata con placche di metallo, non fu mai abbandonato
del tutto, anche dopo l’ introduzione delle loriche metalliche. Infatti
aveva il vantaggio di essere più leggera e di permettere una maggiore
libertà di movimenti.
Alcuni comandanti,
in certi periodi, a seconda delle esigenze e delle tattiche del momento,
facevano indossare le loriche di cuoio.
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TORNA |
LORICA
IN CUOIO E METALLO
Lorica in cuoio,
rafforzata con un rivestimento metallico a difesa del petto e dell’
addome. Consentiva una maggiore mobilità e libertà di movimenti,
rispetto le loriche metalliche, essendone più leggera e garantiva una
migliore difesa rispetto la lorica fatta interamente di cuoio, per la
presenza appunto del rivestimento metallico.
Era
impiegata in funzione delle esigenze tattiche delle operazioni belliche da
affrontare. |

TORNA |
LORICA SQUAMATA
Questa
armatura era così chiamata per le evidenti piastre di metallo che la
componevano. Nella storia di Roma, gli studiosi sostengono che sia stata
utilizzata per tutta la sua millenaria storia, con diversi stili e diverse
fatture, però sempre in prima linea. Il modello base aveva delle maniche
corte, sino alla metà del braccio e la sua lunghezza spesso era tale da
coprire la parte alta delle cosce. Generalmente era fatta in bronzo o in
ferro, formata da piastre, di dimensioni variabili dai 2,5 cm agli 8 cm,
che venivano unite tra loro con dei rivetti di bronzo, in modo da formare
un insieme molto mobile e relativamente comodo da portare.
La
lorica squamata era usata solamente da militari di un certo rango, prima
del II sec. d.C., quali i centurioni, i vessilliferi, i cavalieri e solo
dopo questo periodo fu impiegata anche dai legionari.
La
ricostruzione di questo esemplare è ispirata alla lorica indossata dal
centurione Quintus Sertorius Festus, della legio
XI Claudia, scolpito nella stele funeraria, attualmente esposta al
Museo Maffeiano di Verona. |

TORNA |
ELMO
COOLUS TIPO "E"
Armatura
protettiva del capo del tipo “Coolus” E, così denominata perché
costruita su modello di un elmo, fabbricato dai Galli a Coolus in Francia.
Adottata dai legionari romani nel I sec. d.C., è costituita da una comune
calotta metallica, fornita di paranuca, frontale e barbazzali.
GIAMBONI
(Fatti di Cesare): “Cadevano le saette spesso si che le creste degli
elmi e li pomi de le spade e’ ferri de’ dardi difiammavano
fortemente”.
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TORNA |
ELMO
CENTURIONE
Elmo
in ferro del tipo “G” di Coolus ( località della Francia dove i Galli costruivano elmi simili) in uso presso la
fanteria romana nel I sec. a.C. e I sec. d.C.
La
coda di crine, posta nella parte alta, identificava il grado di
centurione.
Il
modello si basa su esemplari rinvenuti a Drusenheim e nel Reno presso
Mainz (Germania), che attualmente si trovano al Museo di Hagenau. |

TORNA |
ELMO
GRECO-CORINZIO
Questo tipo di elmo
risulta in uso presso la fanteria romana fin dal VI sec. a.C., quando il
re Servio Tullio riorganizzò l’ esercito, raggruppando i soldati
(etruschi, romani e latini) in un’ unica formazione, distinti per classi
sociali e non più per origine etnica.
La classe più
agiata fu armata alla maniera degli opliti greci, con un elmo in bronzo
così fatto, una corazza rigida, una spada, una lancia ed un grosso scudo
circolare.
Questo
tipo di elmo restò in uso fino al II – III sec. d.C.
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TORNA |
ELMO
IMPERIALE GALLICO
La sottomissione
della Gallia da parte di Cesare, avvenuta nel I sec. a.C., fece conoscere
ai Romani artigiani e armaioli, che avevano una approfondita conoscenza
della lavorazione del ferro e fabbricavano elmi, che i romani stessi
presero come modelli per costruire elmi più complessi per la fanteria
legionaria, oggi noti come elmi del tipo “gallico imperiale”.
Il
primo elmo romano in ferro di questo tipo fu rinvenuto a Nijmegen nei
Paesi Bassi, realizzato molto probabilmente alla fine del periodo Augusteo.
L’ originale si trova al museo di questa località. |

TORNA |
PILUM
Arma
da getto usata dai soldati romani dal III sec. a.C. fino al tardo Impero.
Veniva scagliato contro il nemico all’ inizio della battaglia, per dar
piglio subito dopo al gladio. Nella costruzione del pilo si cercava di
dargli forma tale, che l’ urto ne spezzasse la cuspide metallica,
affinché i nemici non potessero servirsene.
MACHIAVELLI:
“ Avevano un dardo in mano, il quale chiamavano pilo e nello appiccare
la zuffa lo lanciavano al nemico”.
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TORNA |
PILUM
CON MASSA METALLICA
Rappresenta un’
evoluzione del “pilum” tradizionale dei legionari romani. La massa
metallica aveva la funzione di aumentare la capacità penetrante del pilo
nel bersaglio, anche se ciò era a svantaggio del legionario, che doveva
spendere una maggiore energia nel lancio dell’ arma.
ROMANI:
“Delle sicambri (di antica popolazione germanica) scuri sono i pili
romani ancor più forti”. |

TORNA |
SCUDO
DA LEGIONARIO
Arma difensiva in
legno ricoperta prima in tela e poi in cuoio, studiata per essere leggera
e resistente. La sua forma rettangolare allungata proteggeva tutto il
corpo e consentiva ai legionari, disposti uno accanto all’ altro di
formare schieramenti difensivi (su una linea, a cerchio, testuggine ecc.).
IL
CORAGO: “La testuggine facevono col mettersi li scudi sul capo e su le
spalle et accostandosi una fila di 7 o 8 al muro et a quelli subito
unendosi un’ altra fila et a questa un’ altra”.
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TORNA |
CALIGHE
I
legionari, dovendo camminare su terreni accidentati nelle marce o in
battaglia, portavano le calighe, calzature dalla suola pesante senza tacco
chiodata con bullette (clavi
caligares). A questa suola erano cucite protezioni laterali e strisce
di cuoio, che si allacciavano alla caviglia, chiudendo il piede.
Giovenale
commiserava chi avesse posto il piede sotto la suola di un soldato.
PASCOLI:
“Su la Via Sacra si sentia la pesta di calighe. Coorti, legioni
passavano”.
“La
ferrea marcia delle legioni romane…fa rintronare le vie lastricate col
duro tonfo delle calighe”. |

TORNA |
GLADIO
DA LEGIONARIO
Spada corta, forse
di origine spagnola, adottata dai soldati romani a partire dal III sec.
a.C.. Era molto maneggevole, in grado di colpire sia di punta, sia di
taglio. Dette al legionario il grande vantaggio di poterla usare con molta
rapidità ed in piccoli spazi.
CESARE
(De Bello Gallico): “Gladio comminus rem gerit Vorenus atque uno
interfecto reliquos paulum propellit” (Il centurione Voreno combatte
corpo a corpo con il gladio e, ucciso un nemico, costringe gli altri a
retrocedere un po’).
APPROFONDIMENTO |

TORNA |
CINGOLO
Cintura di cuoio
portata dai soldati romani per sorreggere il pugnale, la spada ed
eventuali portaoggetti. Sul davanti erano applicate delle strisce di cuoio
pendenti, decorate con borchiette metalliche e rifinite alla punta con le
più svariate forme di puntali. Le decorazioni del cingulum sottolineavano
il rango del soldato. Quelli dei Veliti, ad esempio, provenienti dai ceti
più poveri, in genere non avevano decorazioni.
PINDEMONTE:
“Io, partendo dai compagni, il manto nella stoltezza mia lasciai tra
loro, non isperando un sì pungente verno; e una tunica, un cingolo e uno
scudo meco sol tolsi”. |

TORNA |
BASTONE
DEL COMANDO
Era il simbolo del
comando, portato dal centurione, ufficiale subalterno dell’ esercito
romano, incaricato del comando di una centuria.
In genere il bastone
era costituito da un tralcio di vite.
DIZIONARIO
MILITARE: “I centurioni avevano armi più adorne, portavano per distintivo un
tralcio di vite col quale castigavano i soldati,…”. |

TORNA |
ACCIARINO
Durante le campagne
militari, le marce, gli spostamenti della legione, per accendere il fuoco
i legionari usavano l’ acciarino, arnese di ferro temprato, che battendo
contro una pietra focaia (varietà di selce), ne faceva uscire una
scintilla, che accendeva l’ esca.
Per esca era
impiegato un tipo particolare di fungo, che essiccato diveniva facilmente
infiammabile.
CAMPAILLA:
“Mentre così dic’ ei, la selce
insieme fa cozzar con l’ acciaio, e l’ aria squilla”. |
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TORNA
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PREFETTO
DEGLI ACCAMPAMENTI
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Ogni
legione aveva dei prefetti, preposti a varie mansioni amministrative e
militari di alto livello, quali la gestione ed il controllo degli
accampamenti (praefectus castrorum), il controllo delle scorte (praefectus
annonae), la direzione ed il controllo dell’ addestramento dei
soldati (praefectus dilectator), il comando di reparti alleati (praefectus
cohortis), o di ali di cavalleria (praefectus alae).
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Il prefetto degli
accampamenti era il comandante in terza, cioè assumeva il comando
della legione in assenza sia del legatus legionis (comandante in
prima) che del tribunus laticlavius (comandante in seconda).
Generalmente era un veterano in servizio da lungo tempo, promosso
attraverso i gradi dei centurioni.
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Durante
le spedizioni sceglieva l’ ubicazione dei posti di stazionamento e
ne assicurava la costruzione; durante la marcia dell’ esercito
sorvegliava il trasporto delle merci; durante i combattimenti
comandava l’ artiglieria e partecipava alle decisioni dello stato
maggiore del legato. Portava un vistoso elmo piumato ed era armato di
gladio classico e di daga (spada simile ad gladio ma di dimensioni
ridotte).
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TORNA |
FALERE
Piastre
rotonde metalliche con sculture o intagli, che, in origine servivano a
ornare i cavalli e che, più tardi presso i Romani, erano usate come
decorazioni, in genere d’ argento, concesse ai soldati (ufficiali,
centurioni o soldati semplici) per particolari atti di valore, meritevoli
di ricompensa (dona militaria minora).
Erano
fissate alla corazza tramite nastri di cuoio incrociati e talora erano
tante da coprirla interamente. |

TORNA |
LANCIA
Arma
tipica dell’ esercito romano nei primi periodi, anteriori alla riforma
di Caio Mario (II sec. a.C.), che incrementò notevolmente l’ adozione
del pilum.
Era
formata da un’ asta di legno, su cui era fissato un puntale di metallo,
bronzo o ferro, comunemente a forma di foglia allungata e tale che all’
impatto si deformava , così che la lancia non poteva essere riutilizzata
efficacemente dal nemico. Fu l’ arma fondamentale nel primo ordinamento
militare a falange, ove i soldati combattevano avanzando a ranghi serrati
e tenendo la lancia ben tesa in avanti |

TORNA |
FARDELLO
Bagaglio con tutto lo stretto
necessario per il legionario, costituito da un’ asta su cui erano appesi
gli effetti personali e l’ occorrente per il rancio. I primi erano
contenuti in un sacco e consistevano nel mantello (sagum), da usarsi anche
come coperta e del necessario per cambiarsi, lavarsi e radersi. L’ occorrente per il rancio era formato da un piccolo
sacco, contenente 15 razioni giornaliere di viveri; da un recipiente con
manico (patera) e da un pentolino
(ollula) per cuocere il cibo. Era presente inoltre una vanga, una falce,
un’ accetta, ecc. |

TORNA |
FROMBOLA
Arma
usata per il lancio di proiettili di pietra o di metallo. Si componeva di
due cinghie di cuoio o di corda, congiunte al centro da un pezzo di cuoio
o di stoffa, entro il quale si poneva il proiettile. Il lanciatore,
tenendo stretti in pugno i due capi delle cinghie, le faceva roteare; poi,
lasciando uno dei capi, faceva partire il proiettile, che raggiungeva
distanze notevoli (fino a 150 m.). I frombolieri (funditores) erano truppe
ausiliarie, provenienti per lo più dalle Baleari. Erano impiegati nella
fase iniziale della battaglia per aprire un varco fra le file nemiche,
entro cui lanciare poi la fanteria come massa d’ urto.
PASCOLI:
“Grida di guerra e cozzi d’ armi e sibili di frecce e romba di
frombole e il galoppo dei cavalli”. |

TORNA |
PIASTRA
DA VELITE
Lastra metallica
portata dai veliti per la difesa del petto.
I
veliti, reclutati tra le classi più povere, costituivano la fanteria
leggera dell’ esercito romano prima della riforma di Caio Mario (II sec.
a.C.). Erano armati alla leggera con lancia o pilo, spada ed un piccolo
scudo. Non avevano una collocazione precisa e fissa nello schieramento.
Durante i combattimenti si spostavano velocemente da un punto ad un altro,
tra i manipoli, ove si rendesse necessario il loro intervento, con
il compito di disturbare ed attaccare per primi il nemico con
rapidi assalti, per poi ritirarsi sulle due ali. |

TORNA |
EQUIPAGGIAMENTO
ARCERI
Arco,
faretra con frecce ed elmo degli arcieri (sagittarii).
L’ arco, in uso già da tempo presso i Persiani, gli Assiri, gli
Egiziani ed i Greci, risulta introdotto nell’ esercito romano solamente
durante la II guerra punica (III sec. a.C.). Fu Gerone II di Siracusa,
allora alleato dei Romani contro Annibale a mandare in loro aiuto una
schiera di arcieri, che appunto entrarono in azione per la prima volta
nella battaglia di Canne (216 a.C.).
Gli arcieri, sia a piedi che a cavallo, venivano reclutati soprattutto tra
quei popoli conquistati (siriani, celti, traci, pontici), dove l’ uso
degli archi era di più antica data ed entravano a far parte dei corpi
ausiliari della legione.
Il
console Mario dette agli arcieri il giusto riconoscimento dei loro meriti,
trasformandoli in un corpo scelto in grado di dare un valido contributo
nelle battaglie. I sagittarii erano utilizzati per colpire a distanza i
fanti nemici, ma anche la cavalleria. Talvolta impiegavano frecce
incendiarie che mettevano in fuga eventuali animali, come elefanti o
cavalli, usati in battaglia. Gli arcieri, oltre all’ arco e la faretra,
erano armati con un pugium (pugnale); indossavano una lorica leggera ed un
elmo. Solitamente erano raggruppati in coorti da 500 uomini. Gli archi
potevano essere di legno o di osso o anche di metallo, con corde fatte di
crini di cavallo o strisce di cuoio intrecciati.
CESARE
(De Bello Gallico): “…de media nocte Caesar……Numidas et Cretas
sagittarios et funditores Baleares subsidio oppidanis mittit;…”
(Cesare, nel cuore della notte, di rinforzo agli abitanti manda truppe
della Numidia, arcieri cretesi e frombolieri delle Baleari.”
CESARE
(De Bello Civili): “…..expeditos autem ex evocatis, sagittariis
funditoribusque raros in muro turribusque disponit.”(…dispone poi
sulle mura e sulle torri a distanza gli uni dagli altri soldati armati
alla leggera, scegliendoli fra gli arcieri ed i frombolieri richiamati in
servizio). |

TORNA |
SUDES
I “sudes”,
costituiti da due cunei di forma piramidale con una “maniglia”
centrale, in legno, erano adoperati per creare il recinto a difesa dei
campi temporanei, che dovevano essere smontati a breve termine di tempo.
Incastrandone 3 era possibile formare una robusta e solida “stella”.
CESARE
(De Bello Gallico): “Ripa autem erat acutis sudibus praefixis munita,
eiusdemque generis sub aqua defixae sudes flumine tegebantur”(La riva
poi era difesa da “sudes” piantati nel terreno, così come altri
“sudes” simili, sott’ acqua, erano nascosti dal fiume).
APPROFONDIMENTO |

TORNA |
BALESTRA
Antica
arma, consistente in un arco fissato ad un fusto di legno, detto teniere,
e munita di una corda che si tendeva per scoccare il proiettile (dardo,
freccia, sasso, palla di fuoco ecc.). Questo era lanciato non a grande
distanza, ma con ammirevole precisione e con enorme forza di penetrazione.
MACHIAVELLI:
“Quivi la zuffa fu grande, perché dalle torri erano percossi con i
sassi e da basso con le balestre feriti”.
VASARI:
“…appoggiatasi la balestra al petto, si china a terra per caricarla,
tutta quella forza che può porre un forte di braccia in caricare quell’
istrumento” |

TORNA |
TRIBOLO
Strumento a punte
metalliche divergenti, avente funzioni analoghe alle odierne mine da
campo. I triboli venivano sparsi sul terreno per ostacolare l’ avanzata
dei nemici e per lo più della cavalleria.
G.
VILLANI: “Incontanente seminarono… triboli di ferro, ch’ aveano
portati, per le vie d’ onde i nemici poteano loro venire addosso, per
impedire loro e’ loro cavalli”.
APPROFONDIMENTO |

TORNA |
AQUILA
Emblema sacro della
legione, oggetto di venerazione. Era donato dal Senato o dall’
Imperatore quando la legione veniva costituita. Era custodito dalla prima
coorte ed era portato dall’ “aquilifer”, che precedeva i legionari
all’ inizio della battaglia. Sull’ asta venivano affissi i
riconoscimenti al valor militare della legione. L’ aquilifer aveva un’
armatura leggera (cotta di maglia o lorica squamata) e scudo tondo.
PASCOLI:
“Coorti, legioni passavano, le antiche aquile in testa.” D’
ANNUNZIO: “La volontà dell’ Aquila romana, che precedeva per tutta la
terra la marcia cadenzata dei legionari, sembra rinascere….” |

TORNA |
VESSILLO
Era il simbolo della legione,
venerato dai soldati, composto da un drappo quadrato rosso fissato ad una
traversa ad una picca. Sul drappo era ricamato in oro, il nome, il numero
e l’ emblema della legione stessa. Quello dell’ XI legione era il
Nettuno. Il vessillo era portato e custodito dal “vexillifer”,
legionario dotato di un’ armatura leggera (cotta di maglia o lorica
squamata), scudo tondo ed una pelle di animale sopra l’ elmo, che poteva
essere di lupo, orso, leone o volpe.
LIVIO
volgar: “Il primo vessillo, ovvero bandiera o insegna era seguitata
da’ triarii, cavalieri usati e di grande virtù”. |

TORNA |
INSEGNA DELLA
COHORTE
Era il simbolo distintivo della
coorte e simboleggiava lo spirito di corpo del reparto. Sull’ asta erano
fissate infatti tutte le ricompense al valore meritate dalla coorte. Era
portata dal “signifer”, che, mediante prestabiliti movimenti dell’
insegna stessa, indicava il cammino da seguire e trasmetteva ordini alla
truppa sia nelle marcie che in battaglia. Il signifer in genere indossava
un copricapo di pelle d’ orso o di leone o di lupo.
CARDUCCI:
“Ché un clamor d’ irrompente battaglia sorge ancor da la triste
pianura, e le azzurre sue luci abbarbaglia d’ incalzanti coorti il
fulgor”. |

TORNA |
PELLE
DI LUPOUna copertura con pelle di lupo sull’ elmo era indossata dal
soldato che portava un’ insegna, come l’ Aquilifer
(portatore dell’ Aquila), il Vexillifer
(portatore del Vessillo della legione di appartenenza), l’ Immaginifer
(portatore dell’ immagine dell’ imperatore).
La
pelle, oltre che di lupo, poteva anche essere di orso, di leone o di
volpe. |

TORNA |
TABULA DA GIOCO
Gioco con i dadi da 2 a 10 giocatori. Ciascun giocatore all’
inizio pone una tessera (fiche,
gettone) su una casella della corona a piacere; poi a turno gioca
lanciando 2 dadi. Ad ogni lancio il giocatore, in relazione al numero di
caselle occupate, può puntare una o più tesserae , fino ad un numero massimo dato dalle tesserae
su VII più uno.
Al lancio, il
giocatore: vince, se la casella corrispondente è occupata da una tessera e, in tal caso, prende tante tesserae quante quelle puntate, prelevandole da questa casella e
dalla casella VII; perde, se la casella corrispondente è vuota e, in
questo caso, deve deporre tante tesserae
quante quelle puntate, una in questa casella e le altre nella casella VII.
Se viene il numero
II il giocatore vince le tesserae
sulla corona.
Se viene XII, vince
tutte le tesserae e richiede una
successiva puntata.
Se
viene VII, perde le tesserae
puntate, che dovrà porre sul VII. |

TORNA |
IMMAGINE
DELL'IMPERATORE
Ciascuna
legione aveva un’ insegna con l’ immagine dell’ imperatore, che era
al potere o dell’ imperatore sotto cui era stata costituita la legione.
L’ immagine era tridimensionale, scolpita nel legno o in metallo e
serviva a ricordare costantemente ai soldati la loro fedeltà dovuta
all’ imperatore stesso. L’ insegna era portata dall’ immaginifer, che come gli altri signiferi, si distingueva per la
pelle d’ orso o di lupo o di altro animale, indossata sull’ elmo. |

TORNA |
ASTILE
L’ astile era il
bastone portato dall’ optio,
il vice comandante della centuria, scelto direttamente dal centurione.
L’optio
poteva avere vari compiti, dalla sicurezza delle carceri o
dell’ospedale, alla responsabilità dei turni di guardia del castrum; ma
il suo compito principale era quello di affiancare il centurione nel
comando della centuria durante le marce e nello schieramento in battaglia.
L’optio, che si poneva in
fondo a sinistra dello schieramento, manteneva l’ordine di marchia o di
battaglia utilizzando l’astile che, munito di un pomo nella parte
finale, poteva colpire quei legionari che non si trovassero allineati
nello schieramento. |

TORNA |
ELMO
DA OPTIO
Elmo di tipo
imperiale gallico del I sec. d.C.
Le due penne,
fissate sopra ai lati, oltre all’ astile, erano il simbolo distintivo
dell’ optio, mantenendo una tradizione iniziata in epoca repubblicana. La
vistosa cresta serviva all’ optio
per meglio essere visto dai legionari.
Il presente tipo di
elmo ed il suo ornamento sono basati sull’ abbigliamento di Gaius Valerius Crispus, un legionario optio proveniente da Wiesbaden. |

TORNA |
ADDESTRAMENTO
La recluta,
aspirante legionario (tiro), era
addestrata al combattimento con uno scudo
di vimini ed un gladio di legno
(rudis), che pesavano circa il
doppio di quelli veri.
Nel campo venivano
collocati pali robusti di legno alti quanto un uomo. L’ allenamento
consisteva nell’ attaccare il palo con il rudis
e a proteggersi con lo scudo. Si imparava a colpire di punta, tenendo la
spada nascosta dietro lo scudo, entrando nella guardia dell’ avversario.
I bersagli principali erano l’ addome, le parti basse e le gambe dell’
avversario. Non veniva insegnato a colpire di taglio o con larghi
fendenti, come solevano fare i barbari, per evitare di scoprire parti
vulnerabili, come il fianco ed il braccio destro. Anche lo scudo
veniva talvolta usato come arma, per colpire l’ avversario al volto. |